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Strategie di diversificazione, oltre la questione ILVA: Taranto alla prova del Fondo per la Transizione Giusta

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La vicenda dell’ex-ILVA è tornata prepotentemente al centro della politica economica nazionale e locale negli ultimi mesi e settimane, sebbene si trascini senza soluzione da più di dieci anni. L’uscita della multinazionale franco-indiana ArcelorMittal dall’assetto proprietario dell’impresa e il suo ritorno nell’orbita statale, attraverso un commissariamento che dovrebbe portare ad una nuova privatizzazione dell’impresa, si ritiene possa rilanciare lo stabilimento di Taranto e avviare il processo di decarbonizzazione a cui è legata la sua continuità di più lungo periodo. 

È rimasta confinata tra gli addetti ai lavori un’altra importante partita che nei prossimi mesi coinvolgerà Taranto e la sua provincia, costituita da 29 comuni, e che risulta tanto importante quanto la risoluzione della questione industriale. Il Fondo per la transizione giusta (Just Transition Fund, JTF), strumento finanziario del Green Deal a supporto del passaggio dei territori più direttamente e fortemente dipendenti dall’estrazione e dall’utilizzo del carbone verso un’economia climaticamente neutra, include per il nostro Paese Taranto e la sua provincia (oltre che il Sulcis Iglesiente) tra i circa 100 territori europei destinatari di risorse finanziarie aggiuntive e specifiche (Cfr. L. Greco, S. Perra, ML. Pruna, La sfida della «transizione giusta» in due aree di antica industrializzazione: Taranto e Sulcis, Meridiana, 2023). La mitigazione delle forti perdite occupazionali legate alla transizione ecologica e al cambiamento del modello energetico richiede in questi territori una sostanziale riprogettazione dello sviluppo. Con le sue risorse il JTF orienta il processo di diversificazione dell’economia attraverso tre assi di azione: a) la qualificazione e riqualificazione dei lavoratori e la costruzione di percorsi di reinserimento nel mercato del lavoro anche attraverso processi di mobilità; b) la «rivitalizzazione» del tessuto economico attraverso politiche industriali e strategie di investimento pubblico; c) il risanamento ambientale dei territori attraverso bonifiche delle aree inquinate e rigenerazione dei siti. Oltre a destinare risorse aggiuntive, ma non disgiunte dalla politica di coesione (Programmi Regionali e Nazionali FESR e FSE 2021-2027), e in sinergia con altri programmi nazionali (es. PNRR), il JTF sollecita il pieno coinvolgimento delle comunità interessate in linea con i principi sanciti dall’Organizzazione internazionale del lavoro e dall’Accordo di Parigi del 2015: tra questi la necessità del consenso sociale su obiettivi e percorsi di sostenibilità, la coerenza tra le dimensioni economica, ambientale, sociale, la necessità di un dialogo sociale durante l’intero processo di transizione e a tutti i livelli.

Adottato a dicembre del 2022, il Programma Nazionale italiano ha definito per ciascuna delle due aree i Piani territoriali secondo quanto previsto dal Regolamento dell’UE 2021/1056 e in coerenza con il Piano integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) che stabilisce le linee guida italiane per la decarbonizzazione dell’economia e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Il Programma è stato finanziato con poco più di un miliardo e 200 milioni di euro. La quota europea, a cui si aggiunge il cofinanziamento nazionale, è di poco più di un miliardo; il 66% è stato destinato a Taranto, il 30% al Sulcis, il 4% è riservato all’Assistenza tecnica per le due aree. Per contrastare gli effetti della transizione il Piano Territoriale per la transizione giusta – Provincia di Taranto ha definito tre priorità: (a) l’ampliamento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili; (b) la diversificazione del tessuto produttivo locale; (c) la mitigazione degli effetti sociali e occupazionali, e per il loro conseguimento ha identificato otto Azioni (Tab.1). Il Piano ha destinato la maggiore quota di risorse (44,6%) al supporto di progetti indirizzati alla produzione e allo stoccaggio di energia prodotta da fonti rinnovabili, alle attività di R&S, nonché a progetti per la tutela e il recupero delle risorse naturali. La mitigazione degli effetti sociali e occupazionali della transizione, attraverso attività, interventi e progetti di formazione, riqualificazione, sostegno ai servizi di ricerca di lavoro, nonché all’offerta di cura e conciliazione assorbe quasi il 32% delle risorse; poco meno di un quarto di esse sono indirizzate alla promozione della diversificazione del sistema produttivo con sostegni alle imprese per innovazione, R&S, e centri di ricerca. Il Piano territoriale di Taranto prevede inoltre un progetto di importanza strategica, denominato Filiere Verdi, che avrà l’obiettivo di restituire agli usi produttivi, prevalentemente agricoli, un’area di poco meno di 1000 ettari, disinquinata attraverso la piantumazione di essenze vegetali che sequestrano le emissioni di gas serra (CO2).

La riorganizzazione della gestione dei fondi europei da parte dell’attuale governo, con la soppressione dell’Agenzia per la Coesione le cui competenze sono state trasferite al Dipartimento per la Coesione Territoriale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha comportato un ritardo nell’avvio del Programma ed è fonte di preoccupazione considerato che la maggior delle risorse avrebbe dovuto essere spesa tra il 2022 e il 2023 per concludersi entro il 2027.

Un’analisi più complessiva della situazione tarantina consente una serie di osservazioni e riflessioni. 

Innazitutto, il JTF si inserisce in un contesto dove già sono presenti iniziative orientate alla diversificazione del tessuto produttivo locale. Quelle di rilievo nazionale includono (a) l’Accordo di programma, firmato nel 2018 con una dotazione finanziaria di 30 milioni di euro, che ha come obiettivo, oltre che la riconversione e riqualificazione industriale dell’area di Taranto, proprio la diversificazione del tessuto produttivo attraverso l’attrazione di nuovi investimenti e il sostegno a programmi di investimento e di sviluppo imprenditoriale e (b) il Contratto Istituzionale di Sviluppo, firmato nel 2015 con dotazione finanziaria di un miliardo di euro, che privilegia interventi infrastrutturali e sostiene iniziative nel settore ambientale, turistico, e di rigenerazione urbana e territoriale. Vi sono poi gli interventi finanziati attraverso il PNRR nella provincia: ad oggi ammontano a 1,6 miliardi di euro e sostengono più di 1500 progetti. A scala regionale, agisce poi il Piano Strategico regionale Taranto Futuro Prossimo con il quale la Regione Puglia nel 2018 (legge regionale n. 2) si è impegnata a promuovere e sostenere il necessario cambiamento delle direttrici di sviluppo dell’area di Taranto. Infine Ecosistema Taranto è il piano comunale di transizione ecologica, economica ed energetica. 

La diversificazione del territorio punta decisamente sulla terziarizzazione dell’economia locale con la valorizzazione del patrimonio turistico-culturale-creativo dell’area, la promozione e l’integrazione di filiere produttive artigianali, industriali e agroalimentari legate all’economia del mare (blue economy) e alle energie rinnovabili (green economy). Un ulteriore pilastro della struttura economica locale dovrebbe essere il sistema intermodale e della logistica integrata (portuale, interportuale, ferroviaria), favorite dal più ampio progetto della ZES unica e finalizzato anche all’efficientamento del sistema della mobilità cittadina; la rigenerazione urbana costituisce un tassello aggiuntivo di rilievo. In breve, i pilastri su cui costruire lo sviluppo sostenibile dell’area sono tre: il mare, l’ambiente, la cultura. Al centro di un ecosistema dell’innovazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico dovrebbe esserci l’Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile. Nelle intenzioni delle istituzioni locali (comunali e regionali), il rilancio dell’area di Taranto passa anche attraverso manifestazioni sportive, quale la realizzazione della XX edizione dei Giochi del Mediterraneo nel 2026 a cui parteciperanno 26 Paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo. Il JTF si innesta su questa progettualità locale, a cui si è fatto peraltro riferimento per la sua stesura, rafforzando quelle direttrici di sviluppo e destinandovi le risorse finanziarie messe a disposizione. 

Il disegno del cambiamento per il futuro dell’area tarantina sollecita alcune osservazioni. La prima, di merito, riguarda la capacità dell’area di realizzare un modello di sviluppo ambizioso che sia in grado di conciliare crescita economica, equità sociale e sostenibilità ambientale. L’enfasi attribuita all’espansione di settori quali il turismo, con un perno nella promozione del traffico crocieristico e di quello stagionale, contraddistinti da basso contenuto tecnologico e bassa produttività, unita a un processo di deindustrializzazione che ridimensiona la presenza siderurgica senza compensarla con un’adeguata crescita di altri settori del manifatturiero, può certamente tradursi in un percorso di diversificazione dell’economia locale; il rischio tuttavia è che si intraprenda una «via bassa» alla diversificazione in chiave ecologica che stenterebbe a promuovere un tessuto economico e sociale innovativo, resiliente e contraddistinto da buona occupazione. In aggiunta, la priorità accordata al cambiamento del tessuto produttivo, tramite il perseguimento di obiettivi economici, senza il concomitante impegno a rafforzare le condizioni sociali e di contesto (es. beni collettivi locali, dotazione di servizi di cura, scolarizzazione e formazione superiore e universitaria, partecipazione femminile al lavoro, attrazione e circolazione di ‘cervelli’), il cui sottodimensionamento a Taranto raggiunge livelli preoccupanti, rischia di inficiarne i risultati, trattandosi di fattori abilitanti per qualsiasi processo di trasformazione effettiva. Infine, se l’attività di pianificazione delle istituzioni locali, inedita quanto necessaria in questa fase di cambiamento, presenta un chiaro indirizzo, l’implementazione è al momento debole e incerta, con periodi di stasi che si alternano a ritardi esecutivi.

Vi è poi una questione di metodo che attiene alla gestione del cambiamento. Il JTF pone il tema di una efficace governance territoriale e richiede opportune trasformazioni del contesto istituzionale-amministrativo, capaci di mettere a sistema le progettualità presenti e future secondo una logica sistemica e integrata. Il decentramento di funzioni e di responsabilità e il coinvolgimento di diverse istituzioni in un’ottica di governance multilivello richiede una capacità autorevole e sicura per la costruzione di una visione e un progetto collettivo articolato attorno ad aspirazioni di maggiore benessere e di promozione del potenziale endogeno da valorizzare anche in un’ottica internazionale. Costitutiva del JTF è poi la questione della giustizia. Per essere giusta e inclusiva, la transizione deve essere non solo democratica ma deve anche provare a riparare le disuguaglianze esistenti, preoccupandosi di non crearne altre. La partecipazione attiva dei cittadini e in particolare dei lavoratori in tutte le fasi del processo di cambiamento, attraverso il dialogo sociale, è un dettame della scelta europea e costituisce un tassello imprescindibile per l’attuazione del Piano territoriale che finisce per connotarsi come un vero e proprio patto tra cittadini, lavoratori, imprese e istituzioni ai diversi livelli (locali, nazionali, europei). In breve, occorre evitare che il JTF sia considerato solo come un’ulteriore dotazione finanziaria da destinare al territorio in una ‘lista di progetti’ scambiati per obiettivi. Le istituzioni e le amministrazioni regionali e locali, attuatrici del Piano, sono chiamate a garantire gli interessi collettivi dei cittadini, il soddisfacimento dei loro bisogni e l’attenuazione delle vulnerabilità che la transizione ecologica inevitabilmente produrrà, rifuggendo l’incertezza del processo con soluzioni di carattere tecnocratico. Anche la valutazione dell’implementazione del Piano dovrebbe favorire la dimensione qualitativa, l’apprendimento e la previsione di meccanismi di accountability verso i cittadini. 

Per concludere, il JTF si presenta come un «vincolo benefico» in grado di indirizzare più fermamente i processi di diversificazione e di sviluppo dell’area di Taranto verso un modello ambientalmente più sostenibile. Non si tratta quindi – o non dovrebbe trattarsi – dell’ennesima fonte di finanziamento a carattere compensatorio destinata a una comunità che, un tempo al centro di importanti dinamiche industriali, con la transizione ecologica vedrà il suo ruolo ridimensionato con importanti conseguenze negative in termini di posti di lavoro e di reddito. Dovrebbe piuttosto diventare un’opportunità di ripensamento di un modello di produzione e di consumo che, soprattutto in alcuni territori, come quello di Taranto, ha sacrificato enormemente il lavoro e l’ambiente senza produrre benessere duraturo.

Tabella 1: Piano Territoriale per una transizione giusta – Provincia di Taranto: priorità, azioni, interventi, risorse

Fonte: Elaborazioni dell’autrice dal Piano Nazionale JTF Italia 2021-2027

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